A Pontelungo di Albenga un quadro racconta la fuga di San Martino sulla Gallinara

Il quadro, restaurato e ben custodito, raffigura San Martino, Vescovo di Tours, «colto nell’atto di benedire la città di Albenga e la Riviera dall’isola Gallinara». Un’opera storica realizzata da Leonardo Massabò, custodita nella Cappella laterale sinistra della chiesa di Pontelungo che testimonia la presenza del santo sull’isola al largo di Albenga. Una bella storia raccontata sulle pagine di Ponente 7 il settimanale di Avvenire a cura della Diocesi.

Alle spalle del santo è inginocchiato il vescovo di Albenga Raffaele Biale, committente del dipinto, e in basso sulla destra sono abbandonate delle armi su un mantello. Prima di diventare sacerdote e fondare un monastero, Martino era un soldato, arruolato nell’esercito dall’età di quindici anni. Ed ecco la storia di questo personaggio che ha scritto una pagina importante della storia albenganese: «Un giorno, mentre era a cavallo, presso la porta di Amiens, incontrò Cristo nelle sembianze di un povero: senza esitare, taglio il suo mantello in due parti e una la diede al misterioso mendicante. L’incontro era destinato a cambiare il corso della vita del baldanzoso guerriero: infatti, di li a poco Martino abbandono la vita militare, per diventare, con il battesimo, soldato di Cristo».

Nel 371, a quarant’anni, fu eletto vescovo di Tours. Amante della vita ascetica e contemplativa, costruì numerosi monasteri e si dedicò a all’evangelizzazione, predicando soprattutto nei villaggi e nelle campagne. Leonardo Massabò «immaginò il grande apostolo delle Gallie ritornato a benedire la terra ospitale quando, già vescovo, era al sommo del suo apostolato. Agli artisti sono permessi certi anacronismi. Vero è che il giovane Martino, ancora civile, si rifugiò sull’isola nel 359 quando fuggì da Milano per la persecuzione degli Ariani […] Su quella terra visse più di un anno: la tradizione indica ancora oggi la grotta sull’irta scogliera di sud-est dove egli dimorò». Padre Taggiasco, nel testo, si chiede il motivo che portò Martino, in fuga da Milano, a rifugiarsi proprio ad Albenga: «Fu caso o scelta voluta? Verosimilmente fu una meta voluta […] L’antica diocesi di Albenga, nota per la sua ortodossia, si configurò come il desiderato riparo e l’isola che gli si parò dinanzi, poteva essere un’idonea dimora, appartata e sicura». Ad Albenga, per analoghi motivi, avevano trovato rifugio altri fedeli fuggiti da Milano e per Martino fu come “trovarsi a casa”».

Se oggi raggiungere l’isola Gallinara significa percorrere un chilometro di mare attraversato da infide correnti, al tempo di Martino le cose stavano diversamente: «Quel grande scoglio a forma di tartaruga dalla terraferma, non dovette creare un grosso problema, perché a quel tempo era più vicino alla riva. Il Cottalasso così annotava: “Si ha per tradizione che la Gallinara fosse nei tempi addietro tanto vicina alla terraferma, che un uomo comodamente dalla Spiaggia di Vadino poteva tirarvi sopra un sasso”». L’otto novembre del 397 Martino muore a Candes, mentre era in visita pastorale: «Se fu leggenda la presenza del santo in terra ligure, è doveroso dedurre che essa fu radicatissima, tanto da produrre un culto così vasto». Nella diocesi di Albenga Imperia sono dedicate a lui le parrocchie di Onzo, Toirano, Torria e Verezzi. «Il 3 aprile 1866 monsignor Raffaele Biale vende l’isola Gallinara al banchiere Leonardo Gastaldi di Porto Maurizio […] nel medesimo anno chiude l’epoca dei frati benedettini in Albenga, per aprirne subito una nuova, consegnando l’appena ultimato Santuario di N.S. di Pontelungo ad altri frati».

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