La strada, come tutte le strade che uniscono la costa ai borghi delle valli liguri, è stretta e tortuosa, ma la magia del paesaggio è unica. Si parte dai vigneti per poi essere circondati dagli ulivi, dai fichi, dai cachi che, vedremo in seguito, qui sono una antica risorsa. Vendone, forse dal celto-ligustico “windo”, splendente, forse per il vento che in certe giornate si impossessa della vallata tra il rio Merce e il rio Paraone, è un paese magico per scorci paesaggistici, gusti autentici, arte misteriosa e misteriosa storia, celta e templare.
Eppure è un paese diviso in nove borghi, la Celsa che accoglie, Castellaro che assieme a Vallone quasi si tuffa nella Valle Arroscia, la Crosa capitale del buon vino e dell’antico Zafferano, Cantone che sembra un presepe, Capoluogo, con il suo oratorio che si perde nella notte dei tempi e la chiesa che dall’alto sembra proteggere tutte le frazioni, Leuso con i suoi vicoli sorridenti, Villa, due anime e tanti ulivi, Curenna (un tempo Comune) e Borgo, ai piedi di Castellermo, montagna sacra.
Prima di proseguire la lettura devo dirvelo: sono di parte, abito da quasi vent’anni, per scelta, a Vendone.
“Le Stelle nel cielo e le Pietra nella loro Terra”, è scritto sul cartello che invita il visitatore al Parco delle Sculture, un prato e qualche fascia tenuta su da antichi muretti a secco, trasformato da Rainer Kriester, sommo scultore tedesco, in un museo a cielo aperto, dove imponenti steli scolpite con sapienza danno un tocco sacrale al paesaggio dominato dai sacri ulivi. Pochi passi e si arriva alla “Torre”, quel che resta dell’antica fortificazione arduinica.
Una breve passeggiata per raggiungere la Crosa, conosciuta per la cantina di Claudio Vio, appassionato vignaiolo di nicchia, capace di mettere in bottiglia un grande Pigato di media collina e grandi rossi, a cominciare dalla granaccia. A Castellaro, poco sotto, una passeggiata nel raccolto centro storico può far scoprire scorci di grande fascino. Impossibile, a Cantone, non fare visita allo storico Frantoio Bronda, olio extravergine, ma anche olive in salamoia e salse del frantoio.
Leuso è il centro amministrativo, parrocchiale, comune, ufficio postale, un’ottima trattoria, l’Alpino, dove Anna è la regina dei fornelli. Il centro storico, ben curato, invita ad una breve passeggiata. Non manca il frantoio, quello di Massimo Revello, con olio evo, ma anche farina, strappata alle strette fasce della collina, grandi formaggi ovini prodotti nella Fattoria Didattica U’ Beriun, che ogni primavera risuona degli allegri schiamazzi delle scolaresche. Curenna, costruita su uno sperone (l’antico castello d’avvistamento, voluto da Albenga, sembra sia crollato per una frana, era sulla punta dello sperone), ha scorci architettonici di grande valore, ma il suo fascino sta nella storia. Nella piazza sotto la chiesa, la notte di Natale del 1943, Felice Cascione e i suoi “ribelli”, una delle prime formazioni partigiane, cantarono per la prima volta Fischia il Vento, quello che diventerà l’inno della Resistenza. Trovarono rifugio, nei giorni successivi, al Casone dei Crovi, sul sentiero che portava a Castellermo, montagna sacra. Sacra perchè, sia dal versante della Valle Arroscia che da quello della Val Pennavaire salivano i primi cacciatori Sapiens, per catturare le prede, ma anche per riti sacri. Lo dimostrano le coppelle scavate nella pietra. Poi, più tardi, su un luogo sacro ai Celti, fu realizzata una stazione di posta templare, e poi ancora una chiesetta dedicata a San Calocero, cavaliere bresciano convertito al cristianesimo a martirizzato alla foce del Centa, ad Albenga. Raggiungere la cime di Castellermo non è difficile, la sentieristica è ben segnalata, il dislivello percorribile anche a chi non è allenato.
Lungo il sentiero castagne, nocciole, funghi, la base per un piatto tipico di Vendone, le lazarene al sugo di nocciole, piatto povero che ha ottenuto la De.Co. comunale. E proprio le De.Co. sono il vanto di Vendone. Accanto alle lazarene i cachi essiccati (si trovano ancora dall’Azienda agricola Tomeo a Curenna), le sciumette (un dolce a base di albume), l’olio di montagna, lo zafferano della Crosa, il pesto di maggiorana e altre stanno per arrivare.
La foto in copertina è di Sandrino Vio