Aveva acceso la prima Stella Michelin di Alassio tanti anni fa, una Stella mai spenta, nonostante da un decennio il suo ristorante, il Palma, fosse chiuso. Silvio Viglietti, tra gli ideatori della cucina di mare ligure, si è spento a 91 anni, e già mi mancano le sue lettere, scritte con una grafia antica, che mi raccontavano l’orgoglio di padre per i successi in cucina di suo figlio Massimo (nella foto Silvio e Massimo), l’entusiasmo per la pubblicazione di un suo libro di ricordi (scrittura sintetica, con pennellate di grandissima ironia e tanta umanità), a volte con i suoi rimbrotti per un articolo dove avevo scritto qualche cosa che non aveva gradito (e quasi sempre aveva ragione lui). Mi mancheranno le sue telefonate, poche dal cellulare, quasi tutte dal telefono fisso, per mettermi al corrente di qualche sua idea.
Ho avuto l’onore di essergli amico, anche se il “tu” mi è costato un lungo periodo, vista la differenza di età, che chiacchierando, però, scompariva, accomunati entrambi dalla passione per il cibo e le sue storie. E lui, di storie da raccontare, ne aveva tante e tutte strabilianti. Ai suoi tavoli, gestiti con classe ed eleganza dalla moglie Fiorita, scomparsa due anni fa dopo 65 anni di vita in comune, si sono seduti industriali, politici, personaggi dello spettacolo come Dapporto, Fernandel, Walter Molino, stregati dalla cucina di Silvio, l’”avvocato” che aveva messo nel cassetto la laurea per proseguire e rivoluzionare il lavoro di famiglia. Già, la cucina. Silvio era un vero maestro ai fornelli, aveva il “tocco” e, soprattutto, la conoscenza dei piatti liguri, piemontesi e internazionali. Piccolo inciso, la cucina ligure è cucina di terra, di collina, a volte di alpeggio, il pesce, nelle antiche cuciniere regionali, è poca cosa rispetto a verdure e carni, da cortile soprattutto. E’ capitato, però, che nel dopoguerra, complice il boom economico e lo sviluppo del turismo balneare, piemontesi, lombardi, tedeschi in vacanza in Riviera avevano in mente una cucina di pesce, visto che la Liguria è bagnata dal mare. Così cuochi ormai entrati nel mito, Ferrer Manuelli, l’oste di prua, o Peppino Schivo che sfamò gli azzurri nel ritiro pre mondiale del 1982, “inventarono” la cucina di pesce. Silvio fece parte, a pieno titolo, di questa schiera, ma fece fare a questa nuova tradizione gastronomica ligure un “salto di qualità”, la fece diventare gourmet, l’oste, insomma, diventò chef. Fece una cosa in più, capì l’importanza dell’abbinamento cibo-vino, fu tra i primi sommelier, valorizzò i vini liguri, ma la cantina del Palma era decisamente ben fornita di bottiglie italiane, straniere, bollicine. Cura maniacale anche in sala, con tovagliato di Fiandra, posate d’argento, piatti di fine ceramica. Una passione lasciata in eredità al figlio Massimo, più volte stellato, da una decina d’anni a Roma, e anche lui con grandi capacità di scrittura.
Ho parlato con lui, in videochiamata, sul cellulare di Massimo, una decina di giorni or sono, quando era ricoverato in ospedale. L’avevo trovato bene, nonostante tutto, ci siamo lasciato con la promessa di rivederci presto. Il fato non ha voluto, ma non può certo impedire di continuare a far brillare la Stella di Silvio nel paradiso di chi considera il cibo cultura, storia, esperienza.
La mia vita in due parole… Dopo aver frequentato le scuole superiori in Liguria, mi sono trasferito a Torino, dove ho seguito gli studi universitari di Ingegneria Elettronica al Politecnico. Ritornato in Liguria, attualmente il mio lavoro è in stretta correlazione con il web ed i computer. Mia moglie ed io viviamo nella verde Garlenda, in Liguria, provincia di Savona.