free web stats

Al Nove di Alassio tra i grandi piatti di chef Giorgio Servetto, la bellezza di Villa della Pergola e la simpatia di Silvia e Antonio Ricci

La strada per arrivarci è stretta e suggestiva, ma vale la pena percorrerla: all’arrivo nel piazzale adibito a parcheggio si apre la Baia di Alassio che, dalla collina, è ancora più bella, distante com’è dalla frenesia della spiaggia. Benvenuti a Villa della Pergola, un tuffo nella storia, benvenuti ai Giardini di Villa della Pergola, un tuffo nella natura, benvenuti al Nove, ristorante gourmet, benvenuti a Villa Levi, un tuffo nella cultura. Un angolo di paradiso, insomma, reso ancora più “soave” dal nostro “Catullo”: l’antico amico (ci conosciamo da più d mezzo secolo, e con la moglie Silvia  dai tempi del liceo) Antonio Ricci.

Una passeggiata di due chilometri (mia moglie Elisa ha installato quel dannato contapassi nel cellulare!), con cotanto cicerone, si trasforma in uno spettacolo che mescola agapanti (purtroppo ormai sfioriti, vista la stagione), agrumi arrivati da ogni dove, piante esotiche dai nomi improbabili e dalle forme più strane, battute di puro cabaret in stile Ricci, episodi del passato che riaffiorano. Il Giardino di Villa Pergola è stata una vera sorpresa, ma lo racconteremo nel dettaglio un’altra volta. Da relativamente lontano Antonio ci mostra l’Orto Rampante, proprio sotto Villa Levi. Perchè un omaggio a Italo Calvino (ma nel Giardino ci sono innumerevoli richiami a Mario Calvino, grande botanico, padre di Italo) in una serie di fasce tenute su da muretti a secco? Semplice, Italo Calvino, per nove anni, andava a trovare Carlo Levi nella sua villa alassina per farsi fare nove ritratti dall’amico pittore.

Non ne sono certo, ma quei “9” ritratti potrebbero essere l’origine del “Nove”, il ristorante di Villa della Pergola, guidato con mano sicura da chef Giorgio Servetto, origini sassellesi, amante della pesca nei torrenti e nella ricerca di funghi, una garanzia di amore e conoscenza di materie prime eccellenti per la sua cucina ricercata, ma affettata.

Una premessa prima di raccontare i piatti: la galleria fotografica comprende non solo la mia degustazione, ma anche quelli mangiati da Silvia, mia moglie Elisa e Antonio, giusto per non passare da crapulone! Dopo i simpatici e raffinati appetizer, con giochi di consistenze e sorprese per il palato, si va subito al sodo con una polpettina di totani e patate Monna Lisa coltivate nell’Orto Rampante, un terra-mare equilibrato e saporito. Arriva Giorgio Servetto con un “mandillu” pieno di tartufi che in realtà sono un gioco delicato e gustoso. Siamo al cappuccino che, ovviamente, budino non è, piuttosto un riuscito sposalizio tra funghi e stracciatella. Chef Giorgio si supera in un brandacujun molto tradizionale, non poltiglia, consistente, arricchito da una chips di patata viola e una sorprendente chips di pelle di stoccafisso! Restiamo nella tradizione ligure con il bagnun di acciughe, ma di tradizionale c’è solo il nome. Pezzetti di acciuga sono sistemate su una piastra, un cracker di farina arsa. Si rompe la crosta e i pezzetti precipitato in una zuppetta di acciughe e pomodoro, rendendo allegro un piatto che ha sfamato generazioni con il “pan du ma’”. Chi si ferma è perduto, Servetto, con un pizzico di orgoglio, esce apposta per presentare la salsiccia di tonno servita con ravanelli che ben sposano la loro freschezza con la cremosità dell’impasto. La capra, piatto forte dello chef, con fagioli di Conio e una perfetta purea, è inarrivabile: morbida, senza alcun sentore di selvatico, è la dimostrazione di come un piatto rustico possa diventare gourmet. Poi, per fortuna un boccone, una rivisitazione molto simpatica della cima genovese, con il ripieno tradizionale, ma la tasca sostituita da una fettina di carne cruda: sorprendente. La fantasia venata di follia che caratterizza lo chef ha il suo apice nello stravolgimento di un classico ligure: i pansotti al sugo di noci. La sua versione vede le noci nel ripieno mentre prebuggiun e prescinseua diventano salsa.Il risultato è un boccone equilibrato, che ricorda l’originale, dando più spazio alle noci, che a me piacciono moltissimo. Prima di passare al dolce, brevemente, i piatti che ho fotografato e “mangiato con gli occhi”: trota pescata dallo chef con verdure, insalata di pollo (impiattata sontuosamente), funghi fritti, fritto misto. Buono il dolce, gelato con pesche trasformate in rose, golosa e di grande finezza la piccola pasticceria finale. Si è bevuto, consigliati dal giovane, ma già formato sommelier, un fresco, profumato, minerale riesling ungherese e, con la capra, un nebbiolo di ottima struttura.

Le proposte del Nove sono varie, si va da alcuni menù degustazione alla carta, con la possibilità di scegliere anche un solo piatto (le porzioni sono adeguate). Aperto tutto l’anno.

 

About the Author

Stefano Pezzini
Vecchio cronista alla Stampa, mai saggio...