Il parcheggio è all’ombra di una delle più belle pinete della Liguria, quella di Colla Micheri. Scesi dall’auto un cartello indica la via: un viottolo sterrato tra due filari di vermentino. I più pigri (o le signore in tacco 12) stiano tranquilli: il giovane e gentile parcheggiatore vi chiederà se preferite fare due passi o se volete essere accompagnati con una golf car, elettrica, ovviamente. Pigro come sono ho scelto il caddy e, dopo un minuto sono stato fatto scendere sulla terrazza del Ristorante Vignamare, nuovo regno di chef Giorgio Servetto, fortemente voluto da Peq Agri, la società agricola dei cugini Giorgio Guastalla e Marco Fausto Luzzati. Un colosso (per la Liguria) che nel giro di pochi anni ha acquisito, nel mondo del vino, Cascina Praie ad Andora, Lupi a Pieve di Teco, Guglierame a Pornassio, arrivando a produrre oltre 130 mila bottiglie l’anno. Peq Agri ha anche orti, vigne e uliveti ad Andora, Tovo San Giacomo (dove possiede un agriturismo), Testico, Stellanello, Albenga, Sanremo e Cervo.
Torniamo alla terrazza, meno di 10 tavoli da dove ammirare un triangolo di mare circondato dal verde delle colline che imbrigliano il Merula. Nessuna tovaglia, per esaltare l’ardesia, calici di cristallo, e portaposate in acciaio, un minimal chic che ben si addice al fascino del paesaggio. Il Ristorante Vignamare, però, non è solo un’affascinante terrazza, ma anche un originale sala da pranzo, ricavata da una vecchia vasca di raccolta delle acque. L’interno, ovviamente, è circolare, con le pareti a boiserie che nascondo ante a scomparsa dove alloggiano piatti, bicchieri e tutto ciò che serve in sala. A vista, invece, la cantina (la carta dei vini, ricca, è composta con i soli vini liguri di Peq Agri, quindi varie e ricercate annate di Pigato, Vermentino, Ormeasco, Granaccia, Rossese, comprese bottiglie storiche firmate Lupi e Guglierame), e la sala refrigerata per affinare formaggi di capra (prodotti da Peq Agri con il latte del loro allevamento) e salumi, sempre prodotti dall’azienda. E sempre in azienda, sopra la terrazza dedicata ai brunch e agli aperitivi, si producono pani e paste fresche nel nuovo laboratorio utilizzato anche per la produzione di confetture e conserve.
Ed ora sediamoci a tavola. Il menù spiega per iscritto la filosofia del ristorante (sarà spiegata anche dal personale, giovane, educato, preparato) che ricalca il mondo Peq Agri: “godere dei frutti di una terra, spesso recuperata dall’abbandono, curata e coccolata nel rispetto della natura, della tradizione, delle persone”. Significa stagionalità e, nel caso dell pesce, quel che offre il mercato. E sempre nel menù sono scritti i nomi di tutta la “tribù” Peq Agri, settanta dipendenti (tutti a tempo indeterminato) arrivati da tutti i continenti, un riconoscimento niente affatto scontato. Il menù, dedicato alla Val Merula, è unico (7 portate, 120 euro), ma si possono cambiare alcune portate con piatti sempre in carta, ma si può scegliere una selezione di 4 portate, a scelta, a 90 euro. Cinque calici di vino (delle vere verticali di varie annate) in abbinamento sono fissati a 60 euro.
Appena seduto mi accoglie un flute di Andarosa, bollicine, metodo Martinotti, di ormeasco in purezza, secco, aromatico, buona acidità, si sposa perfettamente con gli amuse bouche di benvenuto. Si inizia con un pomodoro a pezzetti ricostruito in un…pomodoro, accompagnato da un sentore di aglio e olio evo di taggiasca. Si prosegue con una zucchina trombetta, il suo fiore e tartufo in tre diverse consistenze, un gioco che ben abbina il dolce della verdura con il sapore di ripieno e cotture. Ho cambiato il pollo in Bbq con le lumache alla ligure e…ho fatto bene! Il sapore riporta alla tradizione contadina della Liguria, ma la morbidezza e la cremosità dei gasteropodi (nascosti da una gustosa foglia di bietola) fanno pensare che, in una ipotetica gara con le escargot francesi, queste ultime resterebbero al palo. La parmigiana ricorda il piatto estivo per eccellenza, ma nella versione del Vignamare si tratta di un raviolo dove le melanzane sono nel ripieno e gli altri ingredienti sono un condimento che richiama la bandiera italiana. Gnocchi e triglie, dove il pesce è nel ripieno del pesce e, grigliato, accanto allo gnocco sono di grande sapore, così come il nasello, proposto nella classica rotondità del brandacujun. Le “alternative” ai piatti raccontati sono gli spaghettoni al burro di acciughe, la capra e fagioli e, appunto, le lumache. E visto che all’inizio della visita si era parlato di formaggi, inevitabile un tris di assaggi. La verticale di Vignamare (da urlo il 2009), pigato coltivato nelle vigne di Salea, si è sposata mirabilmente con il cibo.
In chiusura una fresca crema di pesca, con pezzetti di frutta, “nascosta” da un croccante guscio a forma e sapore di pesca. Golosa la piccola pasticceria finale, sorprendente il caffè, estratto a freddo secondo una tecnica giapponese. Servito senza zucchero ha pulito il palato senza lasciare l’amaro della moka o dell’espresso.
In conclusione, chef Giorgio Servetto non ha certo perso la mano, i suoi piatti sono saporiti e gustosi pur senza essere invadenti.
Testo e foto di Stefano Pezzini
La mia vita in due parole… Dopo aver frequentato le scuole superiori in Liguria, mi sono trasferito a Torino, dove ho seguito gli studi universitari di Ingegneria Elettronica al Politecnico. Ritornato in Liguria, attualmente il mio lavoro è in stretta correlazione con il web ed i computer. Mia moglie ed io viviamo nella verde Garlenda, in Liguria, provincia di Savona.