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Alla Pergola di Valleggia Giorgio Brignone “pesta” per piatti di sapore e tradizione

Giorgio Brignone è un ragazzone alto, grosso e ben piazzato che, se non fosse per quegli occhi buoni e la gentilezza innata, farebbe pensare ad un uomo che può vivere di prepotenza. E invece…Invece è un uomo, uno chef (ma lui preferisce cuoco, se non addirittura oste) che raggiunge il massimo della felicità nel far mangiare bene gli amici (impossibile definirsi clienti) che lo vanno trovare nella sua Pergola di Quiliano.

La Pergola, ristorante-osteria inserita nella Guida dei Ristoranti della Tavolozza, da undici anni, è guidata da Giorgio che, nonostante la giovane età, ha esperienza, fantasia e manualità da vendere. Giorgio, membro della Federazione italiana cuochi, ama (in cucina) “pestare”, non solo basilico, aglio e pinoli, ma qualsiasi cosa si possa mettere in un mortaio. Suo, ad esempio, il pesto di albicocche di Valleggia che, con lungimiranza degli amministratori, è oggi protetto dalla De.Co., la denominazione comunale, ma anche il pesto di borragine, quello di acciughe e taggiasche e tanti altri ancora. Altro grande amore culinario è la pasta madre, con cui prepara i suoi pani, i grissini, i dolci da forno, eccelsi per gusti e profumi. Nell’ultima visita i piatti, della tradizione, ma sempre con uno spunto di fantasia, sono stati di grande “spessore” di gusto: fettine di vitello con salsa di peperoni, acciughe marinate con salsina di borragine, flan di bietole e crema di toma brigasca, troffiette con pestato di acciughe e taggiasche, testaroli con pesto di borragine, vitello arrosto con salsa al ridotto di chinotto di Savona e prugne, branda con pinoli e taggiasche, tris di dolci che spazia dalla torta al chinotto, alla panna cotta con noci e salsina al chinotto, crema fredda di zabaione con crema all’albicocca, di Valleggia, ovviamente. Piccola ma interessante la cantina, con spazio alle etichette liguri. Nessuna brutta sorpresa al momento del conto, anzi, viene la voglia di ritornarci presto, In estate si può anche mangiare nel fresco dehors, mentre all’interno l’ambiente è caldo, senza fronzoli, ma con pezzi che riportano a quando, la domenica, si andava (si poteva andare) a pranzo fuoriporta.

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Stefano Pezzini
Vecchio cronista alla Stampa, mai saggio...