Valorizzare i prodotti della Piana Ingauna e del suo entroterra con show cooking e presentazioni: è questo l’obiettivo della cooperativa Ortofrutticola di Albenga che ogni sabato mattina presenta un prodotto e la sua lavorazione. Sabato 22 aprile è stata la volta dell’aglio di Vessalico, vera eccellenza di gusto ligure, per una mattinata dal titolo “Fragranza di aglio di Vessalico, aroma di olio extravergine di oliva taggiasca, inebriante effluvio di basilico: il profumo della Liguria in un mortaio!”.
Ai fornelli Franco Impieri, presidente della Federazione italiana cuochi di Savona, Gregorio Meligrana e l’agrichef Gabriella Valentina Caratti, fresca reduce da un riuscito show cooking in Rai. Protagonista, ovviamente, l’aglio di Vessalico, utilizzato per preparare il pesto che ha avvolto decine di piatti di trofie distribuite ai clienti dell’OrtoShop dell’Ortofrutticola, e per preparare i calamari ripieni di zucchina trombetta, carciofi, maggiorana con vellutata al latte e pomodorini confit, una versione dei “siluri” del Levante (sotto la storia di questo piatto).
L’aglio di Vessalico utilizzato è stato quello prodotto dall’azienda Alessandri di Aquila d’Arroscia e di Nino Martini di Vessalico, aziende che rientrano nel Consorzio di valorizzazione e promozione dell’aglio, che in questi anni ha cercato di far conoscere l’aglio di Vessalico legandolo al territorio della Valle Arroscia. Prossimo appuntamento con gli show cooking dell’Ortofrutticola sabato 29 aprile.
LA STORIA DEI “SILURI”
Il nome non è dei più rassicuranti, ed in effetti sembra sia stato dato subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, quando anche le spiagge della Liguria furono al centro della guerra sottomarina tra i sommergibili degli Alleati e gli U-Boat tedeschi. Molte imbarcazioni, per sfuggire ai sommergibili, navigavano sotto costa, ma non sempre andava bene, al punto che molti navigli sono affondati vicino alle nostre coste. Se il “colpo” del sottomarino andava a vuoto il “siluro” arrivava sulla spiaggia, provocando un turbine di sassi e sabbia, a volte esplodendo, più spesso adagiandosi (pericolosamente, molto pericolosamente) sul bagnasciuga. Quei “bestioni”, per quanto pericolosi, attiravano la curiosità di tutti, ma, soprattutto, ricordavano una ricetta della tradizione che non aveva un nome vero e proprio, se non quelli che ogni famiglia gli dava: calamari ripieni, totani ripieni, insomma quei molluschi (già, anche totano e calamaro, come seppie e polpi appartengono a questa famiglia) che vengono pescati negli anfratti dei moli e delle scogliere liguri.
Sino ad allora quelle ricette (ne parlo al plurale perchè, come in tutte le “cose” ripiene, i ripieni variano da Ponente a Levante, da cittadina a cittadina, da famiglia a famiglia) non avevano un nome suggestivo, ma la forma di totani e calamari tolse ogni dubbio: “Siluri” era il nome giusto. E “Siluri” (le prime testimonianze di questo nome arrivano dal Tigullio) è il nome con cui questo piatto oggi è conosciuto in tutta la regione. La ricetta, come detto, cambia da zona a zona, almeno nelle proporzioni, ma come base ci sono i tentacoli dei molluschi, pangrattato, uova, aglio, prezzemolo e (chi ha mai detto che il formaggio non si sposa al mare), parmigiano grattugiato. Verso Ponente c’è l’aggiunta di bietola, a levante di mortadella (gli scambi appenninici tra La Spezia e Parma sono antichi), ma di certo c’è il “letto” su cui adagiare i “Siluri”: una leggera salsa di pomodoro aromatizzata a cipolla o scalogno. Abbinamento? Un Vermentino di Luni o, comunque, dello spezzino, fruttato e ricco di profumi di erbe aromatiche.
Vecchio cronista alla Stampa, mai saggio…