Non lo diciamo certo da oggi, le vigne, con il loro fascino, la loro storia, il loro essere immerse nella natura, possono diventare dei veri teatri per promuovere i vini liguri, ma anche i prodotti di questa terra, e soprattutto regalare a turisti e appassionati delle vere esperienze di gusto. Così, quasi casualmente, la scorsa settimana è capitato di prendere l’aperitivo in due diverse vigne portate avanti da amici, ad Arnasco e a Bastia d’Albenga. Vigne storiche, divise da poche centinaia di metri, lungo la Valle Arroscia, ma una nella zona di Arveglio, confine tra Albenga e Arnasco, la seconda alle Marixe, Bastia d’Albenga. Differenze di poche centinaia di metri, si diceva, eppure nel bicchiere i vini portati in assaggio sono diversi, se non nelle tipologie, nei profumi e nei gusti. Differenze dovute ai terreni, alle diverse coltivazioni, al diverso lavoro in cantina. Di certo c’è il fatto che l’aperitivo in vigna, così come le mostre d’arte o i concerti, devono essere intensificati per dimostrare come agricoltura e turismo siano un binomio imprescindibile nel futuro economico della Riviera. Andiamo con ordine.
L’azienda agricola Gallizia 1250, una delle più vecchie, se non la più vecchia in assoluto della provincia di Savona, e credo anche di tante altre province italiane, è guidata con mano ferma da Luciano Gallizia coadiuvato dalla moglie Michela (e sta per. entrare il giovanissimo Dante). Per arrivarci bisogna lasciare l’auto in un ampio parcheggio. Pochi passi in mezzo alle vigne, andando verso il fiume, ed ecco l’insegna dell’azienda. Tutto molto country, elegante ed essenziale, con antichi strumenti da lavoro in vista, tavoli recuperati da bancali, addobbati con cuscini, bicchieri adeguati per poter assaggiare i vini dell’azienda. Si comincia con il vermentino Brezza d’Arveglio, un classico dal sapore delicato, profumi di frutta bianca, pesca in primo luogo, sentori di aromatiche. Si passa al pigato Pian del Genovese, riflessi dorati, profumo intenso, con sentori di frutta secca, mela, frutta bianca e un retrogusto, appena mandorlato, che non stona. Si chiude con la granaccia U Campanetta, rosso rubino, poco tannico, caldo in bocca, con profumi di frutti di bosco, more e mirtillo in primo luogo. Ottimo con formaggi stagionati e selvaggina, ma anche da solo non stona, anche perchè si mangia accanto ad un filare di rosso, e questo aumenta psicologicamente il piacere dell’assaggio. Gli assaggi, preparati da Michela, sono una fusione di cucina ligure e romena: insalata di patate, insalata russa, bignè con crema di fagioli giannetti, polenta con patate e baccalà, cheesecake al pecorino con gelatina di granaccia e le polpette di carne sono accompagnate dalla granaccia, abbinamento perfetto. Serata conclusa con la crostata con uva abbinata ad un rosato Chiarina, fresco, estivo, attuale.
L’azienda Dell’Erba, è guidata da Giulia Dell’Erba, giovane e appassionata, che ha lasciato il suo lavoro di architetto del paesaggio per prendere in mano le vigne ereditate da nonno Dario Enrico, uno dei nomi storici dell’enologia ligure. I suoi vini sono assolutamente equilibrati ed importanti. Giulia ha una predilezione per i bianchi, il suo vermentino, chiamato Soffio di Ponente, richiama il vento della Liguria, non quello forte dei giorni scorsi, ma quella brezza che soffia quasi costantemente. In bocca rilascia l’aroma della macchia mediterranea, mirto e lentisco, ma anche una spiccata mineralità, frutto del terreno argilloso su cui cresce. Il pigato Mareggio aumenta in mineralità e sapidità, in virtù anche dei vigneti storici, dai 30 ai cinquant’anni, da cui proviene. In bocca frutti bianchi, frutta secca, mandorla soprattutto, e la sapidità del mare che si frange sulle onde. Ultimo arrivato il Rugiada, un rosato ricavato da un antico vigneto di rossese di Campochiesa, mineralità delle terre rosse, frutta a bacca rossa come mora, mirtillo, fragola, e fiori di campo, sentori che si dissolvono mentre lo si assapora. Giulia, nella sua avventura enologica e imprenditoriale, è affiancata dalla mamma, Nando Enrico, e dal papà Rinaldo. A svolazzare tra cucina, cantina e tavoli, eleganti e raffinati, con vista sul boschetto risparmiato dal fuoco delle scorse settimane, Virginia capace di spiegare sia le portate dei ricchi taglieri, torte verdi, frittate, creme di zucchine trombetta, ed ogni ben di Dio dell’orto, oltre a formaggi e salumi di Giacobbe di Sassello, sia le caratteristiche del vino. La location è veramente bella, prima di arrivare nella zona aperitivo bisogna attraversare, a piedi, ma questo non è un problema, i filari di vermentino ed è un piacere, anche perché il sole sta tramontando e la luna non è ancora sorta, il fresco scaccia l’afa e tutto promette per un aperitivo rustico chic che verrà ripetuto anche nelle serate del prossimo anno.
Vecchio cronista alla Stampa, mai saggio…