Di furto, invero, non si può parlare, visto che la semenza arriva da da un anziano agricoltore di Nasino, ma certo quello che un tempo era il vanto della Val Pennavaire ora si coltiva e si commercializza in bassa Valle Arroscia, ad Arnasco. Parliamo del fagiolo “gianetto”, prelibato legume che grazie alla sua dolcezza e alla sua buccia sottilissima è ricercato anche dalle cucine dei ristoranti stellati. In Val Pennavaire la coltivazione dei “gianetti” è ormai ridotta agli orti domestici (in primis quelli di Fausto Scola, sommo ristoratore a Castelbianco), e difficilmente si trovano in commercio. Un’opportunità presa al volo da Gallizia 1250, storica azienda agricola di Arnasco, che ha non solo impiantato lunghe file di “gianetti”, ma ha anche aperto i filari (già, i fagioli si sviluppano in altezza, ricordate la fiaba di Fagiolino?) al turismo esperienziale e come fattoria didattica per le scuole.
Mihaela, moglie di Luciano Gallizia e mamma del giovanissimo e appassionato Dante, in pochi anni ha trasformato alcuni terreni di famiglia in una coltivazione dei pregiati “gianetti”: “Un amico di Luciano, qualche anno fa, ci ha regalato un po’ di ‘gianetti’ e li abbiamo piantati per uso personale. Ci sono piaciuti e sono piaciuti agli amici, ci siamo detti perchè non coltivarli e commercializzarli assieme al nostro vino e al nostro olio?, e da lì è partito tutto”. Attraversare i filari di fagioli (per tutto settembre e nelle prime settimane di ottobre la piantagione è stata visitata da turisti di ogni nazionalità che hanno terminato la passeggiata davanti agli ottimi vini di Gallizia 1250 (granaccia in primis, ma pigato e vermentino sono di grande valore) e a piatti tipici preparati da Mihaela) è una esperienza unica per immersione nella natura e nel paesaggio: dalle piante di fagioli si vede l’intera Piana di Albenga sino al mare, uno spettacolo unico!
I “gianetti” sono ottimi bolliti, condito con un filo di olio extravergine di oliva (Arnasca, of course…), ma anche per accompagnare i piatti della tradizione, dalla capra allo stoccafisso… I “gianetti” si trovano nel punto vendita e sale degustazione di Gallizia 1250 ad Arnasco.
Ecco la storia dei fagioli in Liguria:
I fagioli erano conosciuti già in epoca romana, ma di certo non erano i cannellini ed i borlotti che mangiamo oggi, erano quelli “dolci” che arrivavano dall’Africa, i “fagioli dall’occhio”, per spiegarci meglio. In Liguria, però, abbiamo delle eccellenze assolute, in fatto di fagioli (e li usiamo in moltissime ricette, una su tutte, la capra con fagioli delle valli dell’estremo Ponente), a volte prodotti De.Co., a volte Presidi Slow Food come i fagioli di Conio (frazione di Borgomaro) che assieme a Pigna e Badalucco sono diventati un elemento indispensabile nella cucina (anche stellata) della Liguria. Fagioli che, come il pomodoro, il mais, il peperone, la patata, arrivano dalle Americhe, non nel primo viaggio di Colombo, ma verso la fine del ‘500, un secolo dopo la scoperta del Nuovo Mondo! A differenza di pomodoro e patate, però, il suo successo, a tavola, è immediato. Coltivato negli orti, ricavati dai terrazzamenti dei muretti a secco, sotto agli ulivi che Genova stava imponendo alla Riviera, diventa quasi subito un protagonista della cucina povera, popolare. Ha proteine da fare invidia alla carne (soprattutto quella di polli e conigli, quasi unico apporto proteico della dieta dei poveri), ha una grande versatilità e, soprattutto, grazie ai minerali del terreno, all’aria che porta il salino, diventa una cosa diversa, unica! Unica mica tanto, però, visto che lo stesso fagiolo, in effetti un “cannellino”, diventa “rundin”, giannetto” in Val Pennavaire, dell’aquila a Pignone (La Spezia), lumè in Val di Vara e via dicendo. E naturalmente, come spesso accade in ogni parte d’Italia, quelli coltivati nella “propria terra” sono i migliori in assoluto…La realtà è che ogni varietà si sposa con i piatti della tradizione territoriale, con i giannetti si preparano creme deliziose, le fagiolane (i bianchi di Spagna) si accompagnano con salsiccia, stoccafisso e trippe. E proprio grazie alla loro versatilità (e, secchi, alla lunga conservazione) sono diventati protagonisti della cucina ligure, siappure comprimari di carne, pesce, insalate. Un rosso non strutturato si accompagna bene a qualsiasi loro presenza…
Vecchio cronista alla Stampa, mai saggio…