Una cantina che vale il viaggio, per i suoi vini, in primo luogo, ma anche per la bellezza del posto, Colla Micheri, il “buen ritiro” di Thor Heyerdahl, esploratore, antropologo, storico e ambientalista norvegese innamorato della Riviera, che alla fine degli Anni ‘50 acquistò il piccolo borgo all’epoca disabitato. Disse, una volta, che quello era “Il posto più bello del mondo”, una frase condivisa appieno da Marco Fausto Luzzati che, con il cugino, ha rilevato Cascina Praié da Massimo Viglietti, fondatore della cantina una ventina di anni or sono.
Due strade portano a Colla Micheri, una da Laigueglia, l’altra da Andora, entrambe strette e tortuose, ma con vista spettacolare, con la Gallinara che osserva da lontano, immersi in un bosco di pini, lecci, macchia mediterranea. Un balsamo per la vista e anche per l’olfatto, con profumi di resine ed essenze che si ritrovano nei vini di Cascina Praié. Marco è un ligure atipico, ha scelto di lasciarsi alle spalle (a soli 39 anni) una brillante carriera manageriale per diventare agricoltore, con vigneti (oltre la cantina andorese la società Peq Agri ha anche acquisito Casa Lupi, storica cantina di Pieve di Teco), oliveti, un ampio terreno agricolo dove si coltivano ortaggi (cipolla bellendina compresa) ad Andora, un agriturismo a Tovo San Giacomo, una vera filiera dell’agroalimentare ligure, insomma, tutto declinato all’eccellenza.
Atipico, si diceva, perchè accoglie con calore e passione, cosa rara nel pur splendente paorama enologico della Riviera. La terrazza davanti alla cantina è uno di quei posti che definire “del cuore” è poco. A sinistra le chiome maestose dei pini marittimi che danno ombra a Colla Micheri, davanti i ruderi del castello di Andora e la splendida chiesa medievale, e ancora oltre un mare azzurro che quasi non ha confini con il cielo. Un bicchiere di vermentino sorseggiato al tramonto scalda il cuore! Sotto, poco sotto, il vigneto di granaccia e vermentino (il pigato è nel vigneto di Stellanello, il rossese in quello di Cervo). Due passi tra le viti, a vendemmia conclusa, è un beneficio per corpo e spirito, le foglie cominciano timidamente ad arrossire, ma ecco la sorpresa: una casella, un’antica testimonianza di transumanza e saperi di una Liguria arcaica e pastorale.
Poi la cantina, 75 mila bottiglie l’anno, il regno dell’enologo Alex Berriolo, con strumentazioni all’avanguardia, non si vuole dare al vino, sin dal suo primo vagito, la possibilità di toccare l’aria. Attrezzature costose e all’avanguardia in grado di dare prodotti di grande valenza. La stanza dell’invecchiamento regala sorprese, rovere, certo, ma anche botti in ceramica. La sorpresa più grande sono bottiglie, 800, che custodiscono quel che sarà la novità dei prossimi mesi: una bollicina, metodo classico, fatta con rossese di Albenga. Vedremo.
Si passa alla sala degustazioni, pulita, minimalista e nello stesso tempo simpatica, con reti da cantiere utilizzate come portabottiglie. I clienti si divertono a spostarle per disegnare cuori o forme geometriche. Non manca un corner con salse, oli, sottoli (Roi e Calvi, per il momento, ma dal prossimo anno ci saranno anche le prime 5 mila bottiglie prodotte da Peq Agri), grappe e verdura fresca. In programma degustazioni a tema, eventi, iniziative per coinvolgere gli appassionati del mondo del vino e della natura.
I vini, almeno quelli assaggiati, sono di grandissima qualità, bianchi antichi, freschi, con profumi di macchia mediterranea, frutta (gialla il pigato, bianca il vermentino), sapidi e giustamente minerali. La vera sorpresa sono i rossi, granaccia in primo piano. Strutturata, calda in bocca, frutta rossa e frutta secca, confortevole, da abbinare a carni e formaggi stagionati. Più delicato, ma ben strutturato, il rossese di Albenga, da accompagnarsi a paste, focacce, torte verdi.
Grazie Marco, alla prossima!
Vecchio cronista alla Stampa, mai saggio…