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Cervone racconta la disfatta di Caporetto ad Albenga

Giovedì 5 aprile al terzo piano di Palazzo Oddo, alle 17, Pier Paolo Cervone presenta il suo libro “Ritorno a Caporetto”, edito da Mursia. Il dibattito sarà introdotto da Riccardo Badino ed è prevista inoltre la testimonianza di Antonello Tabbò a ricordo del nonno paterno caduto in seguito allo sfondamento del fronte di Caporetto.

Un libro da leggere camminando lungo i luoghi dove, alla fine di ottobre del 1917, si è combattuta la Dodicesima battaglia dell’Isonzo, più nota come battaglia di Caporetto. Un viaggio nella storia che passa attraverso Plezzo, Tolmino e ovviamente Caporetto, e gli altri piccoli borghi sloveni della Valle dell’Isonzo ricostruendo ciò che è avvenuto: le cause e i responsabili della sconfitta militare che ebbe pesanti conseguenze anche per i civili di Friuli e Veneto, costretti a lasciare le loro case. Un percorso in cui riecheggiano le voci di fanti, alpini, bersaglieri che a Caporetto non hanno alzato le mani davanti ad austro-ungarici e tedeschi, questi ultimi i veri artefici della disfatta dell’Esercito italiano. E’ un intrigante racconto della battaglia diventata tristemente famosa. Il nome di quella località (in sloveno Kobarid, in tedesco Karfreit, in friulano Ciapuret) è diventato sinonima di disfatta e viene usata in tutti i settori (sport, economia, politica eccetera) quando le cose prendono una brutta piega. Cervone descrive la battaglia attraverso il comportamento (negativo) di quattro grandi protagonisti: ovvero i generali Luigi Cadorna, Pietro Badoglio, Luigi Capello e Alberto Cavaciocchi. Emergono colpe, superficialità, disattenzioni da parte dell’intero Stato Maggiore e del suo capo, il generale Luigi Cadorna, ma non è neppure graziato il monarca Vittorio Emanuele III e molti altri alti ufficiali che continueranno a incidere sulla storia d’Italia per ulteriori venti anni successivi al quel conflitto, un esempio per tutti il Maresciallo d’Italia Pietro Badoglio. Alla rievocazione dei lavori e dei verbali della commissione d’inchiesta che fu istituita dopo la disfatta di Caporetto, Cervone pone e descrive con estrema compassione il comportamento ammirevole dei soldati di truppa che pur in un momento di sbandamento dei reparti, scrissero con l’estremo sacrificio, pagine di eroismo e fedeltà alla Patria.

 

Ciò che il testo offre è dunque un quadro descrittivo della sconfitta di Caporetto e della ricomposizione del fronte al di qua del fiume Piave, vissuta e interpretata da attori diversi che possiamo così sintetizzare: gli alti comandi dell’esercito italiano e il passaggio del comando da Cadorna a Diaz, il sentire delle truppe, in quel momento rafforzate dai ragazzi del ’99, diciottenni spediti in trincea e l’esperienza concreta delle popolazioni nelle campagne e nelle città industriali con l’apporto determinante del lavoro, della fatica e del sacrificio delle donne del popolo d’Italia, chiamate a sostituire gli uomini in ogni lavoro. Ma poi analizza la ritirata e mette in luce il comportamento eroico dei nostri soldati e di molti reparti. Nella precipitosa corsa verso il Torre, il Tagliamento e infine il Piave anche le popolazioni del Friuli e del Veneto sono travolte, sconvolte, subendo violenze e saccheggi da parte delle truppe tedesche e austroungariche. La prosa assicura una lettura scorrevole e la competenza dell’autore, garantiscono autenticità e valore delle fonti documentali.

Pier Paolo Cervone, nato a Finale Ligure (di cui è stato sindaco per due mandati), si è laureato in Scienze Politiche all’Università di Genova. Giornalista professionista, è stato caposervizio a «La Stampa» di Torino. Con Mursia ha pubblicato Enrico Caviglia. L’anti Badoglio (1992), Vittorio Veneto, l’ultima battaglia (1994), La Grande Guerra sul fronte occidentale (2010), I signori della Grande Guerra (2013), L’Italia in guerra. Da Sarajevo al Patto di Londra (2015) e ha curato I dittatori, le guerre e il piccolo re. Diario 1925-1945 di Enrico Caviglia (2009).

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Stefano Pezzini
Vecchio cronista alla Stampa, mai saggio...