E “trembu(r)e” ormai non si fanno più anzi, pochi sanno cosa fossero. Intanto si dividevano in due categorie, quelle profane e quelle religiose. Quelle profane venivano organizzate dopo il matrimonio di un “fu(r)esto” con una ragazza del paese e lo sposo veniva ad abitare in casa della sposa. Era consuetudine, in questo caso, che lo sposo pagasse la tassa denominata “spago”, in genere una cena conviviale che rappresentava l’accoglimento dello “straniero” nel paese.
Se ciò non avveniva cominciava una “sarabanda” sotto le finestre degli sposi, con strumenti di ogni genere, purché facessero rumore. Sarabanda che finiva quando lo straniero capitolava e pagava lo “spago”. A volte, dopo due sere, il problema si risolveva, ma c’erano tipi che tenevano duro e si arrivava anche a 15 notti insonni, perché oltre al rumore si usavano anche le parole. che di certo non erano da educande!
Ancora più terribile erano le “trembu(r)e” quando il matrimonio era tra due vedovi, e in quel caso si scatenava tutto il frasario che accompagnava la suonata… Ricordo vagamente la “trembu(r)a” del matrimonio del Petisso con la Gina, 14 notti consecutive fino alla capitolazione. Un successo strepitoso.
Poi, durante la Settimana Santa, era usanza che per il fermo delle campane (all’epoce per due giorni erano legate e non suonavano) si suonassero strumenti vari, tipo le conchiglie cave, le raganelle o “scavasdu(r)e”, oppure la corteccia di castagno che arrotolata sembrava un corno. In genere le suonate erano tollerate anche durante le funzioni religiose. Alcuni sacerdoti, però, non erano di questo avviso. Primo tra tutti Don Raimondo, all’epoca parroco di San Fedele. Anzi, per eccesso di zelo, faceva venire un vigile urbano perché non permettesse a nessuno di avvicinarsi alla porta della chiesa. Ovviamente per i giovani del paese era un invito a nozze… Però, anche in questo caso, la “suonata” si svolgeva in base a che vigile veniva. Se arrivava Trentin non c’era soddisfazione, perché bonariamente ci contattava vedendoci già schierati e con la pacatezza di un padre ci diceva di non esagerare. Lui poi entrava in chiesa e la cosa dopo poche suonate finiva lì. Se invece, di guardia, c’era il vigile Bigliolo, detto “u segnù”, la cosa prendeva un’altra piega. “U segnù”, infatti, era molto ligio al dovere e controllava il sagrato della chiesa passeggiando in modo da non far avvicinare nessuno, e questo atteggiamento scatenava una vera guerriglia. Cominciavano gli attacchi diversivi per allontanarlo, lui abboccava, e mentre un gruppo lo distraeva, un altro attaccava e così si andava avanti fino alla chiusura della funzione religiosa, lasciando il povero vigile stanco e sconfitto e noi giovani di allora, invece, soddisfatti del risultato.
In questa foto suonatori di “trenbu(r)e” religiose. Il ragazzo in centro suona la conchiglia cava e i due laterali corteccia di castagno
Vecchio cronista alla Stampa, mai saggio…