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La Liguria delle eccellenze, tre Patrimoni immateriali dell’Umanità da valorizzare

Siamo una strana regione, baciata dalla fortuna, da paesaggi incredibili, prodotti agroalimentari eccezionali, una storia che parte dai primi Sapiens, che qui hanno lasciato molte tracce, passando ai Celti, ai Romani, ad un Medioevo importante ed un ‘700 eroico. Eppure siamo anche una regione povera, arsa, pietrosa, stretta tra monti e mare, con la terra strappata alla montagna e tenuta in piedi dai muretti a secco, muri che non dividono, anzi, uniscono territori e sorreggono montagne, le “cattedrali dei liguri” secondo Boine. Non a caso i muretti a secco, non solo quelli liguri, ma il “paesaggio terrazzato” simile, mai eguale in molte parti del mondo (basti pensare ai muri a secco dell’Isola di Pasqua, stessa funzione, metodo di costruzione diverso) è stato dichiarato Patrimonio immateriale dell’Umanità secondo l’Unesco. Un patrimonio costruito con fatica, sudore, sangue e bestemmie dai nostri avi. Un patrimonio che, in gran parte, sorregge un’altra eccellenza, in lista di attesa (forse già dal prossimo anno) di diventare anch’essa Patrimonio immateriale dell’Umanità dell’Unesco: l’olivo, la civiltà dell’olivo. Non è finita. L’olivo, o meglio l’olio (e quello ligure è di altissima qualità), è alla base della Dieta Mediterranea, indovinate un po’?, anche lei Patrimonio immateriale dell’Umanità secondo l’Unesco. Insomma, siamo tra le zone del mondo con più eccellenze riconosciute dall’Unesco, eppure non siamo capaci non dico di valorizzarle in maniera sinergica sul mercato mondiale del turismo, ma neppure di muovere i primi passi verso una promozione che vada oltre le fotografie dei lungomare con le famiglie in bicicletta o lo scatto di un calice di bianco con in controluce un anonimo vigneto. La politica, di tutti i colori, in questi anni si è limitata ad annunci, a finanziare (ad ogni livello, Regione, Comune, Enti, con poche eccezioni) inutili campagne pubblicitarie, senza fare mai del vero marketing territoriale, e il privato non è stato da meno. La crisi provocata dalla pandemia ha aiutato a mettere in evidenza le criticità, e se è vero che dalle crisi (lo sapevano i greci e, in derivazione, i romani che davano alla parola crisis il doppio significato di crisi, ma anche di opportunità) possono nascere delle nuove opportunità, la Liguria nel suo insieme non le deve sprecare. Sperando non sia troppo tardi.

 

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Stefano Pezzini
Vecchio cronista alla Stampa, mai saggio...