Leslye Pario, biologa nutrizionista, radici in Valle Arroscia, attiva ad Imperia e in tutta Italia grazie ai suoi libri che diffondono un metodo di dimagrimento, una non dieta, ma una visione del benessere psicofisico che contribuisce in modo determinante a restare in forma, prosegue la sua collaborazione con ligueriaedintorni.it. Questa volta ci parla di una eccellenza di stagione, le fave.
Siamo nella stagione delle fave e molti mi chiedono “ma si possono mangiare?” “Sono verdura o legumi?”
Premetto che a me non piacciono molto, ma mi rendo conto che per un ligure quando si parla di fave non si può non pensare all’abbinamento con il salame!
Salame a parte ho deciso in questo post di parlare delle fave e rispondere ad una curiosità: “mi ha detto che qualcuno mangia anche il baccello”… Dopo aver sgranato gli occhi e riflettuto ho pensato: perché no? In effetti i fagiolini e le taccole si mangiano e il baccello della fava è molto simile. Qualcuno di voi probabilmente starà pensando che ho scoperto l’acqua calda… in realtà per me è stata una vera novità.
Ma partiamo dall’inizio.
BOTANICA
Nella nomenclatura botanica, le fave sono note come Vicia faba L. o Faba vulgaris, ed appartengono alla famiglia delle Fabaceae: trattasi di una pianta erbacea annua, in grado di raggiungere i 70-140 centimetri in altezza. All’interno del baccello, dalla lunghezza media di circa 20 cm, si trovano i semi giallognoli-brunastri – verdi, piatti, ovali, larghi e polposi.
COME SI MANGIANO?
A differenza degli altri legumi a parte i piselli che si consumano previa cottura, le fave possono anche essere consumate crude una volta private del baccello.
Anzi è consigliato quando sono fresche e tenere! Altrimenti si possono far bollire o seccare e conservare per tempi più lunghi, oltre che congelate. Dopo bollitura si può ricavare una purea da accompagnare alle verdure.
La novità per me di quest’anno è il fatto che anche il baccello si possa cucinare. Si può bollire e cucinare con del sugo di pomodoro o insieme ad altre verdure… della serie NON BUTTIAMO VIA NIENTE!
Anche nel caso delle fave, come degli altri legumi consiglio per evitare fastidiose fermentazioni intestinali: fa bollire con un pezzo di alga Kombu, oppure una foglia di alloro e un po’ di rosmarino, salare alla fine e togliere la schiuma che eventualmente si forma durante la cottura
COSA CONTENGONO?
Rispetto ai fagioli, le fave sono qualitativamente superiori in termini proteici (anche se quantitativamente inferiori): questi legumi contengono, all’incirca, il 5% di proteine, il 5% di fibre, il 4,5% di carboidrati e pochissimi grassi (0,4%); il restante 84 % è costituito da acqua.
Sono meno caloriche e più ricche di acqua, ma hanno un contenuto di proteine inferiore.
Le fave sono ricche di ferro, potassio, magnesio, rame, selenio, manganese, calcio e moltissime vitamine, soprattutto acido folico molto utile in gravidanza e vitamina C.
Ricordiamo che con la cottura delle fave, come peraltro per tutti i legumi, la maggior parte delle vitamine e dei sali minerali viene perduta. Anche il processo dell’essiccazione altera la componente vitaminica e minerale. Per la ricchezza in ferro, sembra che il consumo di fave sia utile per
ATTENZIONE: NON VANNO BENE PER TUTTI
In soggetti sensibili e predisposti , il consumo di fave può scatenare una reazione allergica che, nei casi più gravi, può indurre il coma.
In genere, le allergie sono provocate dal consumo di fave crude: infatti, la cottura ne riduce il rischio.
Le fave non dovrebbero essere consumate in concomitanza di farmaci inibitori delle monoaminossidasi (IMAO): la levodopa, contenuta nelle fave viene convertita in dopamina nell’organismo. L’associazione di fave con dopamina – un’amina vasoattiva – può provocare crisi ipotensive di varia entità, talvolta mortali.
Nei soggetti sensibili e predisposti, il consumo di fave (e di altre particolari sostanze, quali farmaci analgesici, salicilati, alcuni chemioterapici ecc.), seppur minimo, scatena una cascata di reazioni nell’organismo che inevitabilmente conducono all’emolisi acuta con ittero. Il favismo è una patologia ereditaria in cui il soggetto affetto registra la mancanza dell’enzima G6PD, implicato nella via biogenetica dei pentoso-fosfati.
Disclaimer
Le informazioni riportate rappresentano indicazioni generali e non sostituiscono in alcun modo il parere medico. Per garantirsi un’alimentazione sana ed equilibrata è sempre bene affidarsi ai consigli del proprio medico curante o di un esperto di nutrizione.
Leslye Pario
Vecchio cronista alla Stampa, mai saggio…