E’ una torta che, forse per differenziarla da altre torte, non viene chiamata torta. Scusate il gioco di parole, si parla del “Ciavai”, un dolce nato a Chiavari attorno al 1830 della storica pasticceria Copello, che aveva aperto i battenti nel 1826. Dolce e non torta, appunto, forse per distinguere l’allora nuovo prodotto dalla mitologica Torta dei Fieschi, ancora oggi prodotta a Lavagna durante la rievocazione storica, la cui ricetta, segreta, ma non troppo, si tramanda (con qualche dubbio) dall’epoca del matrimonio di Opizzo Fieschi con la nobildonna senese Bianca de’ Bianchi nel 1230. Torniamo a Chiavari e al suo dolce.
Nel 1913 “La Sveglia”, storico settimanale della città, definiva il dolce “Insuperabile per squisitezza di gusto”. Alla base c’è il Pan di Spagna, inventato nel ‘700 (capite perchè la Torta dei Fieschi non poteva avere il Pan di Spagna?) da un pasticcere al servizio della famiglia genovese Pallavicini, per un ricevimento dato dall’ambasciatore genovese a Madrid. In Spagna, infatti, la preparazione si chiama Pan di Genova, ma è solo una curiosità, la storia dice che il Pan di Spagna ebbe da subito un grande successo come base per i dolci, successo che prosegue oggi. A Chiavari, i pasticceri di Copello, usarono il Pan di Spagna, panna, zabaione, amaretti sbriciolati, lingue di gatto per il loro dolce Ciavai, semifreddo che ha attraversato l’800 e il ‘900 con grande successo, anche se un po’ troppo limitato alla zona del Tigullio. Proprio la limitata diffusione aveva portato il dolce di Chiavari quasi a scomparire, prodotto solo dalla pasticceria che l’aveva inventato, ma per fortuna negli ultimi anni il dolce Chiavari ha trovato nuovo consenso, riuscendo finalmente ad uscire dal Golfo e conquistare non tanto le pasticcerie della Regione, quanto gli chef di molti ristoranti di qualità, che la stanno proponendo con le loro “divagazioni” (sublimi quelle dell’amica Rita Baio, che unisce tradizione e fantasia). L’abbinamento enologico, ovviamente, è con una grande passito ligure, uno sciacchetrà delle Cinque Terre sarebbe l’ideale, ma anche un Pigato passito è capace di esaltare il Ciavai.
Vecchio cronista alla Stampa, mai saggio…