Da un certo punto di vista si tratta di un mistero di difficile risoluzione: un dolce contadino, tradizionale, tramandato da generazioni di madre in figlia nell’entroterra chiavarese, ma con poche varianti anche in Valle Arroscia e in Valle Impero: la Torta di Nocciole, simile, ma diversa, da quella preparata in Langa, a Cortemilia soprattutto. Nell’entroterra chiavarese le nocciole hanno storia millenaria, alcuni ritrovamenti nella torbiera di Rezzoaglio risalgono al 2500 avanti Cristo, e nel corso dei secoli il sapere degli uomini ha selezionato le varietà migliori, sino ad arrivare all’attuale Misto Chiavari, vera eccellenza di gusto. Stessa sapienza in Valle Arroscia, dove la nocciola dal “collare rosso” la fa da padrona. Nocciole che, nei secoli scorsi, venivano vendute nelle città (nel cimitero di Staglieno è famosa il monumento in marmo di Caterina Campodonico, la venditrice di nocciole e canestrelli per eccellenza), ma anche commercializzate in Piemonte. Parte del raccolto, però, rimaneva nei paesi, dove venivano utilizzate, accompagnate a erbe aromatiche, olio, aglio e porro selvatico, per salse e sughi di magro, ma anche per accompagnare rape e radici amare. Torniamo al mistero. Ogni famiglia dell’entroterra chiavarese, della Valle Arroscia e della Valle Impero (ci saranno sicuramente altre vallate che la conoscono) ha la ricetta della Torta di Nocciole che facevano nonne e bisnonne, però…Però, nelle cuciniere liguri di metà ‘800 non c’è traccia di questo dolce contadino. Solo quella di G.B. e Giovanni Ratto riporta la ricetta di una torta di mandorle, dove dosi e ingredienti sono simili a quella di nocciole ligure, composta da tre semplici ingredienti: nocciole tostate e ridotte in farina, zucchero (nelle ricette più antiche miele) e uova, tutti elementi che si potevano trovare nelle cucine contadine. Ricetta simile a quella di Langa, a parte il burro, presente nella versione piemontese, del resto i contatti tra Liguria e Piemonte erano strettissimi anche allora. In attesa di risolvere il mistero del perchè non sia riportata negli antichi ricettari, meglio gustarla abbinata ad un passito di ormeasco. La foto è tratta da Wikipedia.
Vecchio cronista alla Stampa, mai saggio…