Chi conosce Fabrizio De Andrè e ama le sue canzoni sa che, in molte liriche, si parla di ricette e vini liguri. Amava eccome la cucina genovese, al punto di dedicare una canzone alla cima, ‘A çimma. La canzone dove vengono citati il maggior numero di piatti tipici, però, è sicuramente Crêuza de mä: «E a ’ste panse veue cose ghe daià cose da beive, cose da mangiä frittûa de pigneu giancu de Purtufin çervelle de bae ’nt’u meximu vin lasagne da fiddià ai quattru tucchi paciûgu in aegruduse de lévre de cuppi» che, tradotta in italiano, suona così: «E a queste pance vuote cosa diamo da mangiare, cosa da bere, frittura di pignoletti di Portofino, cervella di pecora nel medesimo vino, lasagne ai quattro sughi, pasticcio in agrodolce di lepre delle tegole (il gatto, per chi non avesse capito, n.d.r.)». Ecco, nell’elenco “faberiano”, c’è un piatto che nessuno conosce: le “lasagne da fiddià ai quattru tucchi”, teoricamente quattro sughi. Il problema è che questa ricetta non si trova da nessuna parte, né ricettari, né testimonianze. C’è un grande chef, Claudio Pasquarelli, patron del ristorante stellato (sino allo scorso anno, quando ha rinunciato alla Stella dopo aver chiuso il suo locale alla clientela esterna, funziona solo per i clienti del suo hotel) “Da Claudio” a Bergeggi che, oltre ad essere stato un punto di riferimento della cucina ligure contemporanea, è un grande appassionato di De Andrè. Claudio, cuore rossoblu come Faber, si è messo alla ricerca della ricetta e, non avendola trovata, ha deciso di trasformare una suggestione in un piatto di grande sapore ligure, e visto che alcuni chef (non tutti, sia chiaro) possono rientrare nella categoria degli artisti, ecco che ispirandosi a Crêuza de mä, ha creato la “lasagna ai quattru tucchi”. Un azzardo, perchè ha messo assieme quattro, tra salse e sughi, che singolarmente sanno di Liguria, di costa e di terra: nella teglia ha cominciato distribuendo il “tuccu”, il sugo, di Cabannina, antica razza bovina del genovesato, uno strato di lasagne, salsa di noci, altro strato di lasagne, sugo di funghi porcini, altro strato di lasagne e, per chiudere, pesto. Claudio (in effetto la figlia Lara, da anni regina della cucina di Bergeggi) l’ha assemblata (e cotta) come una lasagna bolognese, ma credo si possa preparare anche come i “mandilli de sea” liguri, chiamate anche lasagnette. In accompagnamento, in onore a Faber, un “giancu de Purtufin”, ma uno sciac-e-trà della Valle Arroscia non stonerebbe.
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