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Isola Gallinara, meglio pubblica o privata?

Tra i due litiganti, il terzo gode, sarebbe da dire con tanta dose di approssimazione, pensando alla secolare diatriba campanilistica tra Albenga e Alassio su di chi sia l’Isola Gallinara. Il terzo, manco a dirlo, è quel miliardario ucraino (non russo) che, per 10 milioni di euro, l’ha acquistata dal gruppo ligure-piemontese che, a sua volta, l’aveva rilevata una quarantina di anni or sono dagli eredi dell’ingegner Diana. Approssimazione, dicevo, perchè è evidente che l’Isola Gallinara è e resta, territorialmente di Albenga (il punto più vicino a terra è a Vadino) e resta, soprattutto, territorio italiano. Non mi ha sorpreso che, una volta venuti a conoscenza della vendita tra privati, politici e politicanti si siano gettati a capofitto sul mantra “L’isola deve tornare pubblica”, tradendo una grande ignoranza storica: l’Isola Gallinara, da secoli, non è mai stata pubblica. Da quando i Benedettini costruirono chiesa e convento (rimane, grazie alle impalcature che la sorreggono da decenni, in piedi ancora la chiesa e le mura del cimitero benedettino) la proprietà è sempre stata privata, prima della chiesa, che la vendette negli Anni ‘20 ad un banchiere imperiese che, a sua volta, la vendette all’ingegner Diana, genovese. Fu lui che costruì una grande villa padronale, ora ristrutturata, che ha ospitato per decenni le famiglie dei proprietari. L’accesso pubblico all’isola? Sino ad oggi impossibile, vuoi perchè l’habitat della Gallinara è fragile, fragilissimo, vuoi perchè mettere d’accordo proprietà, Sovrintendenze, Comune è difficile, soprattutto in Liguria. Ma vuoi anche, soprattutto, per l’incapacità politica e imprenditoriale di progettare un uso consapevole e sostenibile. Menefreghismo? Probabile. Incapacità? Probabile. Mancanza di visione e fantasia? Certo. In pochi, molto pochi, nell’ultimo decennio, si sono presi a cuore l’Isola Gallinara.

Mi viene in mente l’amico e collega purtroppo scomparso Romano Strizioli, che negli Anni ‘60 scatenò una campagna stampa contro un tentativo di speculazione edilizia, ancora Strizioli (questa volta in “società” con chi scrive) per scongiurare un secondo tentativo speculativo a cavallo tra Anni ‘80 e ‘90. La politica, all’epoca, non aveva dato segno di sensibilità, anzi, in qualche modo aveva avallato la possibilità di cementificare un unicum importante non perchè custodisca chissà quali piante e animali rari, ma proprio perchè, non essendo antropizzato, è una fotografia di come era la macchia mediterranea.

Detto questo non credo all’arrivo di un filantropo ucraino che acquista la Gallinara per salvaguardarla e basta (sarei felice di sbagliarmi, sia chiaro), ma non sono nemmeno convinto che se diventasse pubblica avrebbe maggiori cure. Ricordate il Grand Hotel di Alassio, acquistato negli Anni ‘60 dal Comune? Sono dovuti passare 40 anni, e il passaggio ai privati, perchè quello che era diventato un monumento all’incuria diventasse una eccellenza turistica. Il pubblico, Comune, Regione, Stato, può far valere il diritto di prelazione? Si, ad un patto: un progetto serio di valorizzazione turistica e ambientale. Chiedere di fare intervenire il pubblico solo per battaglia di puntiglio significa abbandonare l’Isola alla sua rovina, che in questo caso significa trasformarla in un grande roveto.

Propongo una galleria fotografica di come si presenta l’isola sopra la superfice (perchè sotto, tra scogli e poseidonia, è forse ancora più bella)

 

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Stefano Pezzini
Vecchio cronista alla Stampa, mai saggio...