Era il 1976, si cominciava appena a parlare di Doc per il Pigato, il Vermentino e il Rossese di Campochiesa. Il Rossese di Dolceacqua aveva ottenuto la Doc, primo riconoscimento in Liguria, appena 4 anni prima, 1972. Chi frequentava la Piana e l’entroterra sapeva che, ad una offerta di un bicchiere di vino, Pigato o Nostralino, il rischio era alto: solfiti, zucchero, bruciore di stomaco. Erano veramente pochi i contadini (il vino non era ancora quel must di oggi, ma quasi, un alimento) che sapevano vinificare bene. Certo, qualche cantina produceva Pigato per la vendita ma la cultura del vino era decisamente indietro. Fu allora che 13 agricoltori, che sino ad allora facevano vino, come tutti nella Piana di Albenga, per autoconsumo, si unirono in cooperativa. Era nata la coop Viticoltori Ingauni. Dalla prima sede in piazza Nenni ad Albenga presto la cooperativa si spostò a Ortovero, nell’attuale sede di via Roma dove, accanto alla cantina, c’è spazio per il punto vendita e degustazione. A distanza di 44 anni le cose sono cambiate, almeno a “leggere” il bilancio dell’anno appena trascorso, un bilancio fatto di numeri, prodotti, aspettative future.
Massimo Enrico è il presidente della cooperativa: «Negli anni il numero dei soci è andato gradatamente aumentando con conseguente incremento delle quantità e delle tipologie di uve vinificate. Oltre al Pigato si fanno sempre più strada gli altri vitigni della nostra riviera di ponente, il Vermentino, il Rossese detto di Campochiesa, l’Ormeasco di Pornassio nelle sue varianti più conosciute quali il tradizionale, il Superiore e lo Sciac-tra, e la Lumassina mossa. E poi la Granaccia, gli spumanti, le grappe. La Cooperativa ad oggi conta 200 soci iscritti, che sono distribuiti su un territorio della Riviera Ligure di Ponente che và dal Finalese, all’Albenganese fino al territorio di Diano Marina e della Valle Impero, mentre l’entroterra riguarda in parte la Valle del Lerrone e soprattutto la Valle Arroscia risalendo da Albenga fino al comune di Pornassio passando per Ortovero, con qualche puntata a Quiliano».
I numeri dell’anno che abbiamo messo alle spalle sono importanti: 300 mila le bottiglie di Doc e Igp (un numero che pone al secondo posto i Viticoltori Ingauni tra i produttori liguri, secondi solo alla “corazzata” Bosoni in quel di La Spezia), un fatturato salito ad un milione di euro, con una produzione che vede il Pigato in testa con circa il 58% il Vermentino circa il 18% l’Ormeasco di Pornassio nelle varie tipologie circa il 10% il Rossese circa il 7% la Lumassina e i vini IGP e da Tavola per il restante 7%.
La cooperativa, da qualche anno, non utilizza solamente le uve conferite dai soci, ma gestisce anche vigneti dei soci. “Gestiamo direttamente 4 ettari, ma dovrebbero aumentare già da quest’anno. Abbiamo 4 dipendenti in cantina e altri 4, occupati 9 mesi all’anno, per i vigneti. L’interesse verso i vini liguri ci fa ben sperare per i prossimi anni, di certo non vogliamo fermarci. Lo scorso anno, ad esempio, abbiamo messo sul mercato due nuovi prodotti, il Pigato ed il Vermentino bio, che stanno ottenendo una buona accoglienza sul mercato, così come i nostri spumanti, il Piganò, con uve Pigato e il Bolle Rosa, con uve Ormeasco”, spiega ancora il presidente. A riconoscere l’impegno della cooperativa la Medaglia di Cangrande, per il contributo apportato all’enologia nazionaleconegnata lo scorso aprile a Vinitaly. Già nel 1994 la cooperativa, allora presieduta da Lino Panero, era stata premiata con il Cangrande, ma quella dello scorso anno sembra aver premiato una enologia, quella ligure, in gran spolvero. I Viticoltori Ingauni, poi, sono i capofila della rete d’Impresa Vite in Riviera, che unisce, sotto il cappello dell’Enoteca Regionale, 25 aziende vitivinicole della Riviera.
Vecchio cronista alla Stampa, mai saggio…