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Revzöra, nel Levante nelle fugassette si usa anche la farina di mais…

Dici focaccia e subito pensi ad uno dei simboli della Liguria del gusto, spesso ignorando le “sorelle” minori, le “fugassette”, semplici impasti di acqua e farine varie, eredi delle “pite” romane. Nel Levante ligure, Val di Vara nello spezzino e Valle Stura nel genovesato, molto spesso l’impasto prevedeva (oggi la tradizione è portata avanti da poche famiglie e ancor meno ristoratori) un misto di farina di grano tenero, e farina di mais. Un modo per usare meno farina bianca, in Liguria scarsa in quantità e, dunque, preziosa. A Pignone, nello spezzino, da secoli si coltiva il granturco dell’asciutto (il nome deriva dalla capacità di questa varietà di resistere alle al forte caldo dei mesi estivi), una qualità di mais che produce una farina finissima e cremosa (è una Pat regionale, Prodotto agroalimentare tradizionale), che serviva non solo per l’alimentazione animale e per la polenta, ma anche per preparare le “fugase”, focaccette simili ai testaroli, cotte su testi di argilla. Testi realizzati dalle donne con l’argilla raccolta lungo le rive del torrente Pignone. La ricetta di questa parte di Liguria prevede, nell’impasto, anche una patata bollita e la cottura, rigorosamente, nei testi arroventati. Le “fugase” si accompagnano, tradizionalmente, con formaggi di pecora, salumi ed insaccati. Cambia, invece, la cottura della revzöra o revezora, tipica di Campo Ligure, Valle Stura, dove l’impasto delle due farine (senza patate) viene cotta in forno, in una teglia, ed assume una forma simile alla focaccia. Una ricetta che rimanda alla tradizione contadina già dal nome, derivante da  ravezö, che in genovese significa crusca. Stessi ingredienti (e stessa cottura, anche se senza teglie) vengono utilizzati nella zona dell’entroterra chiavarese, ma il formato è più piccolo, simile a focaccette. Torniamo a Campo Ligure, dove la revezora si accompagna, tradizionalmente, alla testa in cassetta, insaccato poverissimo e gustoso, e per non fare morire la tradizione ogni anno si organizza una sagra dedicata a questa antica eredità di un passato povero. L’abbinamento enoico è con un rosso non strutturato, una Granaccia sarebbe perfetta!

 

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Stefano Pezzini
Vecchio cronista alla Stampa, mai saggio...