Simone Radiomandrake Parisi, sommelier Ais dal 2004 e degustatore dal 2011, prosegue la sua collaborazione (saltuaria, a seconda di gusto, voglia, ispirazione) con liguriaedintorni.it. La grande passione per la storia lo ha portato sempre più lontano, così lontano che stando a casa spazia tra Whisky e Rum come se fosse un Trecartaro alla stazione pronto a acchiappare lo stolto di turno. Talmente abituato ad avere un microfono in mano per presentare qualcosa (è un dj radiofonico e non solo), che spesso gli amici cercano anche l’interruttore per spegnerlo… ama il Rugby pratica il ciclismo e pensa che Torino sia stata e non potrà che restare Granata! Oggi ci parla di Gin, e che Gin!
Liguria terra di mare, pesce azzurro, nicchia di produzioni vinicole ricercate e intriganti, e terra di olio. In Valle Argentina è considerato una vera e propria perla, un gioiello dorato che colora appena l’altra grande ricchezza d’oro nero come l’ardesia. Quella che rifiniva ogni tetto con le sue lastre piatte e solide. Proprio in Valle Argentina nasce un progetto quanto mai unico e meraviglioso come quello del Gin Extravirgin. La distillazione di un elemento così caratterizzante e così intenso come l’oliva è un’idea di Paolo Boeri, ragazzo di Badalucco impegnato nell’azienda di famiglia (Olio Roi) che pare indugiare parecchio sui suoi Mustacchi vistosi tanto da raggiungere il soprannome di Baffizio che lui stesso si da.
Il Gin ha coperto gli scaffali delle bottiglierie in maniera quasi radicale, elemento di moda che diventa quasi feticcio se abbinato alle creazioni dei vari bartender sempre tesi verso la ricerca e verso la sorpresa. Nel corso degli ultimi anni, dopo la prima grande esplosione mondiale del Gin Hendrick che dalla Scozia ha iniziato una nuova era “moderna”, le scelte delle botaniche hanno coperto un numero impressionante di prodotti. Allora furono Cetriolo (responsabile anche del nome, visto che in gallese antico la parola veniva tradotta in Hendruscks) e Rosa, si aggiunge praticamente di tutto, fino ad arrivare anche a infusioni di 47 prodotti diversi. Di pari passo scoppiò anche la moda della Tonica che doveva accompagnare il famoso Gin tonic. Insomma un mondo in grande espansione, che dal “semplice” London Dry a base ginepro andava a sfiorare un ventaglio olfattivo e gustativo che ha davvero pochi pari. Il fatto di averne per tutti i gusti ha sicuramente aiutato la ricerca ed ha sviluppato questa moda.
Ho sempre, però, pensato alle risultanze originali. Ho sempre amato i distillati più arcaici, tanto più che dire arcaico nel mondo del Gin vuol dire pensare agli anni 80/90 e non significa muoversi verso tempi tanto antichi.
Così, in Liguria terra di mare ed acciughe e patria dell’olio, nasce un Gin che contiene le prerogative di un’oliva e riporta il gusto verso la tradizione del London Dry. La procedura è parecchio semplice (a dirsi). Si parte dalle olive denocciolate che vengono messe a bagno in alcol e ginepro per due settimane, l’operazione trasferisce gli aromi all’alcol che verrà distillato sottovuoto senza stress a 60 gradi, grande rispetto per le materie prime e per gli oli essenziali. Questo estratto viene aggiunto ad un’altra base di alcol, ginepro, coriandolo e pepe rosa per essere ancora distillato, sempre sottovuoto, e sempre a 60 gradi. Una doppia distillazione settoriale, operazione che serve per dosare le olive, l’una diversa dall’altra. Per finire si abbassa la gradazione a 44 gradi e si imbottiglia. La grande intuizione di Paolo ha trovato un partner produttivo scrupoloso e attento come quello di Torino Distillati di Moncalieri.
La prima olfazione riporta al mondo classico e secco dei London Dry, con il ginepro grande protagonista, poi un ricordo piccante come quello del pepe rosa, grande equilibrio tra le botaniche nelle quali non prevale mai troppo un sentore nei confronti di un’altro, la terza olfazione ci porta dentro alle sensazioni vegetali dell’oliva, quasi un contenitore di tutto il resto. Quest’ultimo aspetto nasce e cresce con un poco di ossidazione ma non finisce mai per essere ridondante e grassa.
La degustazione conferma l’equilibrio della piccantezza e lascia l’oliva a mantenere il suo ruolo di splendido contenitore nel quale emerge la spaziatura resinosa del ginepro montano. Grande freschezza che equilibra la carica pseudocalorica dell’alcol.
La conferma della buona beva si ha di sicuro come una tonica classica ed un Gin Tonic. Oppure con un Martini Cocktail che ha già in sé una guarnitura d’oliva.
E se lascerete un oliva denocciolata nel bicchiere, una volta finito avrete la grande sublimazione del prodotto. Una Taggiasca condita così la auguro a tutti come fosse un auspicio di buon anno per questo 2021 che vogliamo tutti sappia di rinascita.
Simone Radiomandrake Parisi
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Vecchio cronista alla Stampa, mai saggio…