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Stoccafisso e baccalà nel venerdì dell’Osteria del Tempo Stretto di Albenga

Per i “Venerdì dell’Osteria” all’Osteria del Tempo Stretto di Albenga domani, venerdì 25 marzo, è di scena il merluzzo nelle sue due tradizionali declinazioni, stoccafisso e baccalà! Sarà lui il protagonista della serata con una serie di ricette a cavallo tra tradizione e innovazione.

Il cibo e il vino, però, non saranno solo serviti in tavola in gustosi piatti, preparati dalla chef Cinzia Chiappori, ma anche accompagnati da racconti, che sveleranno i segreti e la storia delle diverse preparazioni e dei prodotti che caratterizzano un territorio. Venerdì i “cantastorie” saranno Ottavia Castellaro, Claudio Porchia e Stefano Pezzini.

Goloso il menù, a cominciare dall’aperitivo, Martini al finocchietto realizzato da Aroma Domus. A seguire frittelle di baccalà in pastella agli aromi; spadellata di stoccafisso alla vecchia maniera; maltagliati alla borragine con sughetto saporito di stoccafisso e olive taggiasche; baccalà accomodato alla genovese; torta orange curd. Costo della cena 35 euro esclusi i vini che saranno proposti dalla sommelier Miranda Moroni.

Per informazioni e prenotazioni chiamare il numero 392-6221924. L’Osteria del Tempo Stretto si trova ad Albenga in  Reg. Rollo, 40.

Lo stoccafisso nasce e vive in acqua e muore nell’olio. Arriva dalla Norvegia ma in Italia ha trovato un ambiente ideale per sviluppare tutte le sue potenzialità di gusto. E in Liguria è diventato addirittura un prodotto agroalimentare tipico. Lo stoccafisso, un merluzzo essiccato, che diventa protagonista dei nostri piatti sin dal 1400. Tra gli ambasciatori dello stocco ci fu, qualche decina di anni fa, Thor Heyerdahl, l’antropologo e navigatore norvegese che, dal suo buen ritiro di Colla Micheri, ad Andora, promuoveva lo stocco, il “pesce bastone”. Piccola curiosità: a Cantalupo, frazione di Varazze, ogni anno si svolge la gara di lancio dello stoccafisso. Il nome deriva probabilmente dalla cittadina norvegese di Stokke. Secondo alcuni però potrebbe derivare dal norvegese stokkfisk oppure dall’olandese antico stocvisch, ovvero “pesce a bastone”, secondo altri dall’inglese stockfish, ovvero “pesce da stoccaggio” (scorta, approvvigionamento); altri ancora sostengono che pure il termine inglese sia mutuato dall’olandese antico, con lo stesso significato di “pesce bastone”, chiamato così perchè, essiccato dal vento delle isole Lofoten, diventava secco e duro come un bastone. In Italia, Liguria compresa, arriva attorno al 1400, i commercianti genovesi e norvegesi, lo sbarcavano a Genova e a Porto Maurizio. Da Porto, altri commercianti, lungo le vie del sale, arrivavano a stoccarlo a Pieve di Teco o a Badalucco, da dove partiva per il Piemonte. Proprio grazie alle grandi quantità di stoccafisso conservato nei magazzini gli abitanti Badalucco riuscirono a resistere ad un assedio saraceno. Sin qui la storia e la leggenda. Veniamo al gusto, alla buridda (un tipo di cottura, derivante dall’arabo, che prevede il pesce, in questo caso lo stocco ammollato, tagliato a pezzetti) di stoccafisso, una vera eccellenza. Peccato, però, che la buridda cambi da zona a zona. Con le patate quarantine e le olive nel genovesato, con un soffritto di funghi e bietole a Ponente. Le ricette si trovano in rete, tutte buonissime. Il vino da abbinare, secondo il mio gusto, è un Ormeasco superiore, a volte anche il pesce vuole il rosso…

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Stefano Pezzini
Vecchio cronista alla Stampa, mai saggio...