“Il cimitero monumentale di Albenga, lo Staglieno ingauno” è il libro, frutto della ricerca archivistica di Sandra Berriolo, uscito una manciata di anni fa e racconta la storia della parte che ora gli albenganesi chiamiano “cimitero vecchio”. Una storia che parte dalla necessità, a metà ‘800, di avere un cimitero “nuovo” e più ampio per la Città e arriva fino agli anni ’50 del secolo scorso. Un volume che, in vista della ricorrenza dei defunti, quando i cimiteri si affollano di chi va a rendere omaggio a chi non c’è più, rappresenta una suggestiva guida per scoprire le storie e le vere e proprie opere d’arte che il camposanto custodisce. Opere trascurate e dimenticate, ma che hanno un grande valore culturale: raccontano non solo l’evoluzione dell’arte scultorea, ma anche i cambiamenti sociali ed economici di una città che, in un secolo e mezzo, è profondamente cambiata.
Considerato lo “Staglieno ingauno”, il cimitero di Albenga, nato nel 1886, viene raccontato da questo bel volume di Sandra Berriolo uscito per le Edizioni del Delfino Moro e impreziosito dalle fotografie di Rita Baio. La storia della progettazione e costruzione, a partire dal 1886 e poi con lo scorrere dei decenni, è tratta dall’Archivio del Comune con immagini inedite. Vengono nominati i principali artisti che hanno lavorato per i monumenti delle famiglie ingaune. Sono registrati i costi dei materiali e dei lavori, i nomi di molti addetti ai lavori, i prezzi e gli addobbi dei servizi di trasporto a seconda delle epoche e delle classi di prestigio (Prima, Seconda, Terza classe). Sono spiegati i simboli che si trovano sui monumenti e lapidi storiche. La galleria fotografica è un giro virtuale dei monumenti per scoprire nomi e professioni dei nostri antenati, le espressioni artistiche che cambiano col passare dei decenni, la somiglianza col più rinomato Cimitero di Staglieno. Il libro comprende anche numerose immagini inedite dei documenti storici, fotografate da Marinella Azzoni, e oltre 260 fotografie a colori di Rita Baio (del Circolo fotografico S. Giorgio) per mostrare la grande varietà e bellezza dei monumenti più o meno grandi. E’ presente anche un capitolo dedicato al significato della simbologia raffigurata su cippi e statue, sempre esemplificato dalle fotografie a colori. Il volume di 150 pagine vuole colmare una lacuna: il Cimitero “vecchio” è stato progettato su somiglianza con Staglieno ed è da considerarsi a tutti gli effetti un “monumento” della Città, vista la quantità di artisti che vi hanno lavorato e i numerosissimi concittadini che hanno fatto onore ad essa svolgendo i lavori più disparati e con incarichi di prestigio nazionale. Nell’ultimo capitolo infatti Berriolo invita a fare un giro per ammirare non solo la bellezza dei manufatti, lampade d’epoca comprese, ma anche per scoprire quante siano le persone “importanti” di cui oggi pochi ricordano l’esistenza.
“Questo libro nasce con l’intento di mettere in evidenza la gioia della vita – racconta l’autrice nella nota introduttiva – Attraverso un itinerario di scoperta ho voluto che tutti noi ricordassimo che nel cimitero si custodisce la vita: lì trova sede la memoria di chi ha vissuto lasciando qualcosa, qualunque cosa anche minima, anche se a noi sconosciuta. La tristezza della perdita personale si deve stemperare nella gioia dell’aver conosciuto o dello scoprire una persona che è stata un tassello di questa umanità variegata. Tutti abbiamo una missione piccola o grande che sia, tutti siamo portatori di un messaggio. E’ un itinerario di gioia nella scoperta di quanti giorni siano stati vissuti con passione, impegno, solidarietà, responsabilità, magari anche sofferenza ma comunque presenti a se stessi. Questo itinerario deve essere di stupore gioioso, portando a riconoscere quanto lavoro e quanto impegno professionale sia stato profuso da artigiani ed artisti per rendere bello un luogo in modo che diventasse un monumento”.
Vecchio cronista alla Stampa, mai saggio…