C’era una volta una principessa…Sì, le favole spesso cominciano così, con una principessa che abita in un castello, questa volta però non parliamo di una gentildonna di nobili origini, ma di una torta che ne prende il nome: Castellana. E’ la torta tradizionale di Curenna, frazione di Vendone (un tempo, però era Comune), dedicata alla signora del castello che, attorno all’anno Mille, gli Arduinici fecero costruire all’ombra del Castellermo, montagna sacra già dai tempi del Sapiens.
Torniamo alla torta Castellana che, nonostante le assicurazioni degli abitanti di Curenna, non risale a quell’epoca, anche se è molto antica. In attesa della De.Co., Denominazione Comunale, la ricetta rimane, almeno nelle dosi e nel procedimento, segreta, custodita nei ricettari di famiglia, ed è quindi ovvio che cambi leggermente di casa in casa. Si tratta, in pratica, di una frolla farcita con amaretti e crema pasticcera. Torniamo alla storia La pasta frolla nasce intorno all’anno Mille, gli amaretti nascono e si diffondono in Italia pochi secoli dopo, la crema pasticcera nasce dall’abilità del cuoco francese François Massialot, al servizio di diversi personaggi illustri come Philippe I, duca di Orléans (fratello di Luigi XIV), del duca d’Aumont, del cardinale d’Estrées e del marchese de Louvois che descrive la ricetta ne “Le cuisinier roïal et bourgeois“, uno dei primi dizionari di cucina. Gli elementi per dire che la Castellana affondi le radici nel passato, insomma, ci sono tutti. Di certo c’è il fatto che, a differenza di altre farciture della frolla (confetture o frutta per le “umili” crostate), quella della Castellana è ricca, destinata alle tavole dei più abbienti, e soprattutto una torta delle feste importanti. Altra cosa certa è che si tratta di un dolce unico nel panorama della pasticceria da forno della Liguria. A Vendone, la Pro Loco la propone come dolce durante la Festa d’Autunno che si svolge ad ogni metà ottobre, con un successo crescente. Con cosa si abbina? Con un pigato passito, ma visto che siamo in Valle Arroscia, un Bolle Rosa dei Viticoltori Ingauni, una bollicina, amabile, di ormeasco ci sta benissimo.
Vecchio cronista alla Stampa, mai saggio…